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Dojo Eleonora Krav Maga Training

mercoledì 1 settembre 2010

Difesa personale e istinto



I metodi o sistemi di difesa personale oggigiorno sono sempre più richiesti e, nonostante ciò diventa sempre più difficile stabilire quali siano “i più adatti” e tali scopi. Tuttavia diverse persone sono ancora convinte che uno stile, scuola o metodo sia superiore ad un altro, mentre non considerano il fatto che prima di qualsiasi stile

viene “l’uomo” con il suo vissuto e con il suo “corredo genetico”, e solo in secondo luogo il tipo di “addestramento” o arte.

Riuscire a vincere il turbamento di trovarsi in un “conflitto- scontro” non è legato alla tecnica bensì alla capacità di sottrarsi o reagire opportunamente a tale situazione che non sempre, in questi casi, riusciamo a controllare; la predisposizione alla lotta, alla sofferenza fisica e alla sopportazione al dolore fisico e allo stress psicologico è anche dato dall’ambiente in cui siamo cresciuti, dove viviamo e alla circostanza del momento.

Un amico, cintura nera terzo dan di karate,un giorno mi raccontò che mentre era in automobile con a bordo il figlioletto di pochi mesi ebbe una discussione con due persone per un parcheggio: sceso dalla propria autovettura uno di questi lo colpì con un pugno al volto e poi entrambi gli avversari con calci e pugni; lui non riuscì ad avere nessuna reazione perché il suo pensiero era rivolto al figlio che era rimasto solo in macchina, una volta rialzatosi e portato a casa il bimbo ritornò alla ricerca di questi due aggressori che nel frattempo, si trovavano davanti ad un bar ed erano diventati tre: li affrontò e li lasciò a terra tutti senza che questi potessero resistere alla sua rabbia.

Pochissime persone possono assicurare di essersi trovati di fronte ad un’aggressione armata e esserne usciti vivi: nel 1600 il famoso pittore Caravaggio(Michelangelo Merisi) fu aggredito da un uomo armato di coltello e nonostante le diverse ferite accusate da questo scontro riuscì a disarmare e ad uccidere il suo aggressore, ciò avvenne non perché l’artista praticava un’arte marziale ma perché c’era in gioco la vita e lo stesso pittore era conosciuto come uomo decisamente irascibile e violento.

Da questo episodio, come da tanti altri ancora, si desume che in uno scontro non sarà mai solo la tecnica a vincere ma tanti altri fattori concorreranno alla riuscita, lottare per strada non è sicuramente come lottare per una coppa o una medaglia, la lotta sportiva è una scelta, difendersi per la vita è una necessità legata alla sopravvivenza; pertanto gli impulsi sono decisamente diversi:

in una gara non uccideremmo mai il nostro avversario mentre per sopravvivere potremmo invece essere costretti a farlo, la guerra ne è l’esempio più lampante.

La scienza ci dice che sotto la nostra corteccia cerebrale due parti del cervello chiamate amigdala eludono i centri cerebrali superiori della corteccia per attivare un sistema emotivo del cervello (sistema limbico) che avvertendo una situazione di pericolo entrano in azione.

Dopo di che l'amigdala riceve ulteriori informazioni più precise che vanno a correggere quelle “istintive” e di conseguenza ci porta a raziocinare sulla reale situazione e a decidere sul da farsi ragionatamente.

L'amigdala è geneticamente programmata a rispondere ai cosiddetti stimoli “preparati”, come un attacco improvviso o un pericolo inaspettato perché la stessa fa parte del sistema emotivo del cervello e risponde geneticamente alla legge della sopravvivenza.

Come quando qualcuno inaspettatamente ci giunge alle spalle per farci uno scherzo: da prima la nostra reazione sarà guidata dall’amigdala che ci farà reagire a seconda della nostra “mappa genetica”, inibendoci oppure mobilitando la nostra aggressività, in secondo tempo entrerà in gioco la razionalità che ci farà capire, attraverso un supplemento di informazioni, che era solo uno scherzo fatto da un nostro conoscente e che non stiamo correndo nessun pericolo.

In questo secondo momento la corteccia è in grado di esercitare una sorta di controllo sulle nostre reazioni emotive controllate dall’amigdala che riceve segnagli più precisi dettati da un'analisi più attenta dei centri cerebrali superiori e ci riporta ad uno stato di tranquillità interiore e fisica.

Le reazioni di sopravvivenza si possono identificare attraverso la prossemica e i segnali “esterni” che il nostro corpo emana: la pelle d'oca, l'alterazione dei battiti del cuore, sudore a freddo; mentre altri segnali “interni” non visibili sono: la vista che si focalizza esclusivamente sull'oggetto del pericolo, l'udito che si “ovalizza”, sono avvisi di una attivazione delle nostre paure ataviche e l'istinto di sopravvivenza ci dice “scappa o lotta”.

Tali sensazioni sono state innescate dalla linea diretta tra i nostri sensi e l'amigdala, queste sensazioni particolari vengono anche chiamate “effetto tunnel”.

Questo “effetto tunnel” è un condizionamento dettato dalla necessità di difesa programmata geneticamente dalla nostra specie per sopravvivere alla selezione naturale della vita.

Secondo il professor Ian Robertson ciò accade perché il nostro cervello è stato modificato dall'associazione nel tempo da due eventi. Uno è dato dalle cellule che si attivano e si legano tra loro, l’altro invece, ogni singolo giorno della nostra vita il cervello viene plasmato e scolpito dall'esperienza in questo modo, senza che noi siamo consapevoli.

L'allenamento alla difesa personale o allo scontro “totale” ha l'effetto di sollecitare le connessioni tra la corteccia e l'amigdala che sono costrette a rispondere allo stress psicologico che uno scontro improvviso, imprevedibile e cruento può causare; l'accumulo di esperienze di lotta devono servire a creare un substrato di conoscenze programmatiche indelebili che scolpiscono una parte del cervello dove la razionalità riveste un ruolo marginale ma predominante a livello di istintività e riflesso assoluto.

Robertson assicura che alcuni tipi di apprendimento “occulti” sortiscono un effetto migliore se l'individuo non è consapevole; il cervello primario può essere programmato senza alcuna memoria consapevole e in questo caso l'amigdala è condizionata dall'esperienza vissuta inconsapevolmente, pertanto si ritiene che il miglior metodo di difesa personale è sicuramente quello improntato su questi principi.

Ciro Varone