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Dojo Eleonora Krav Maga Training

sabato 29 gennaio 2011

POSTURA ED ECOLOGIA PERSONALE


Il nostro modo di stare eretti è una sorta di biglietto da visita che dichiara chi siamo, quali sono le nostre condizioni e il nostro atteggiamento di vita. Più chiaramente delle parole la postura parla di noi e racconta della nostra storia. E’ difficile assumere un certo atteggiamento se non esiste una relazione con la realtà emotiva personale: il corpo infatti possiede una sincerità straordinaria e dice quello che si vorrebbe tacere. E’ pure difficile assumere una postura perfettamente eretta quando non c’è niente in grado di sostenerla nella nostra onestà funzionale, nella qualità del nostro modo di muoverci.
La capacità della schiena di star diritta dipende dalla capacità di piegarci senza farci male, quando necessario, o di girare la testa, o dal modo in cui respiriamo mentre pratichiamo uno sport, dalla reazione delle ginocchia quando si salta, da quanto accade nei muscoli di tutto il corpo in una qualsiasi azione quotidiana.
Costruirsi artificialmente una postura eretta vuol dire rendere ancora più evidente la nostra finzione. La postura è congruente con l’ecologia mentale e fisica.

Esiste una profonda differenza tra Est ed Ovest nell’approccio alla correzione: In occidente quando non si è soddisfatti della propria postura ci si sente spesso dire che si dovrebbe fare qualche cosa per migliorare.
In oriente invece si pensa che la Natura sappia trovare l’organizzazione ideale. Quello che rovina tutto è quel qualcosa in più che abbiamo aggiunto noi: troppo cibo, troppo rumore e altro. L’occidente ci spinge ad agire. L’oriente ci consiglia di capire e perfezionarci. E’ possibile coniugare entrambe gli approcci senza cadere in contraddizione? Qual è quell’intervento in più che boicotta la postura ideale?

Molti si lamentano della propria postura, pochi si lamentano invece di muoversi senza fornire risposte adeguate ed efficaci. La postura viene vista come una sorta di fotografia, congelata nel tempo, staccata dal flusso della vita.

Dovremmo desiderare di avere una postura altrettanto ideale di quanto lo sono la nostra capacità di comunicazione sociale, i nostri rapporti famigliari, la nostra competenza lavorativa, la creatività, la capacità di godere, l’efficienza delle nostre risposte in ogni settore della vita.
Preoccuparci solo della nostra postura senza prendere in considerazione ciò che essa esprime è come dare importanza alla sola facciata, continuare a scontrarci con le difficoltà della vita invece di cercare di migliorare il nostro sé.

Esiste un rapporto stretto tra l’atteggiamento corporeo e la qualità del movimento che esso offre all’organismo.

Qual è la logica di un corpo riluttante ad una postura eretta se la Natura aveva intenzione che così facesse? Star diritti a che fine? La postura ideale è forse solo quella eretta, immobile, simmetrica rispetto ad un asse centrale? La vita non è statica, fluisce e cambia di continuo: l’unico elemento costante è il cambiamento. La nostra postura può essere paragonata nella sua vera essenza ad una fontana che muta aspetto al mutare delle condizioni che la alimentano. Quando parliamo all’organismo nel linguaggio del cambiamento incominciamo davvero a cercare l’allineamento in termini dinamici, rendendoci consapevoli delle qualità che lo creano e del processo che lo alimenta. Occuparsi del prodotto statico porta solo frustrazioni e una lotta senza fine.

In termini dinamici la postura è il punto di partenza di ogni azione. Una postura è buona quando ci permette di muoverci con il minimo sforzo ed è l’istinto organico ad organizzare questa postura in vista dell’attività.
Ogni organismo è creato con la conoscenza di come organizzarsi in modo da passare da uno stato ad un altro con il minimo investimento, per poi tornare facilmente alla posizione neutra.
La postura funzionale non è uno schema di allineamenti e angolazioni, anche se così può apparire, ma l’espressione dell’abilità di orientamento, della capacità organizzativa che ci permette di dare avvio a qualsiasi attività con il minimo dispendio energetico e il minimo spreco di tempo nella fase preparatoria.
Se abbiamo perso questa capacità di essere disponibili alla vita, se abbiamo perso la capacità di adattarci a nuove sfide e abbiamo limitato la varietà delle nostre risposte nell’organizzazione dei nostri movimenti anche la postura immobile e verticale sarà inadeguata.

Ambire a conquistare un equilibrio in varie posture e configurazioni temporanee non esclude la capacità di saper abbandonare questo equilibrio per produrre altri movimenti e riprendere poi la postura stabile in forma nuova.
In altre parole la nostra stabilità è tale nella misura in cui abbiamo la capacità di rischiare di perderla, potendo contare sulla possibilità di ritrovarla, anche se in forma diversa.
La nostra stabilità è buona nella misura in cui ci permettiamo di demolirla e costruirne un’altra al suo posto.
La nostra postura è buona nella misura in cui abbiamo una cultura motoria che lotta per trovare la via più facile e più efficiente.
Concludo con una domanda, sperando di incuriosire il lettore: come si fa a pianificare un’attività che induca la schiena a mantenersi diritta? Come è possibile determinare una situazione nella quale il corpo senta di per se stesso la necessità di stare diritto senza imposizioni?
Sarà l’argomento di cui parlerò prossimamente.

Anna Torreggiani: allieva del dojo Eleonora, diplomata ISEF e insegnante del Metodo Feldenkrais®